quando corri e vivi

edizione del ... trofeo kaiser

 

Qui parteciperanno inconsapevolmente e in disordine alcuni di voi ... ed il mio spirito

 

Lavaredo Ultra Trail -

Cortina 24-6

L'incompiuta

Questa volta la pianificazione sembrava limata assai bene: due semiLUT il mese precedente. Purtroppo il piano teorico fa splash: due ritiri sullo sfiorare della loro metà. Uno di stanchezza e uno di orario.

Non so se e quanto il virus ci ha messo lo zampino [#0], ma trovandomi a un mese in braghe di tela e memore dell'incubo del primo portone di un anno fa, mi focalizzo sui primi 30 km. Almeno passarlo. Preparo brevi salite ripetute di fisico e di mente. Ad una settimana altro imprevisto, visivo: flashes. Ora si che temo salti tutto. La corsa immediata all'oculista mi assicura che non ho danni.

Dopo una giornata che ho visto lottare i cinquantini tra le intemperie, mi ritrovo sotto il campanile con diverse e nuove incognite ma col solito ErmaTOR. Non partiamo in coda, seppur una tappa WC. Riposizionati aspettiamo insciarpati nella bolgia. Parto in semilungo, la notte puo’ essere freschina visti i temporali giornalieri.

Le sardine a pochi secondi da Ennio ondeggiano e si pressano. Mi manca l'odore di olio e vasellina, tipico degli anni ancestrali.

Oramai qui son tutti dei professionisti, finiti i tempi della W il parroco. Ma io resto di quella scuola. La solita partenza tra due ali tambureggianti, densa. Non ti abituerai mai a questa bolgia tribale che ti spinge. Sai che c'è il rumore dei colpi e l'acclamare dei nomi, ma il tutto ti giunge ovattato. Sei in una bolla. Trascinato. Oscillante.

Questo anno finito il corso si vira a sx per il ponte. È la tua curva di S. Martino. Alcuni cavalli scossi, bestie da tiro altri. La bolgia diventa sempre più un eco lontano col passare dei metri. Si sale e si scende sull'asfalto corricchiando un paio di km. A tratti si impenna e senti il ticchettio dei bastoncini. È lunga, inutile sprecare energie ora. Accendo la frontale. Ti rinnesti sul tracciato tradizionale giusto prima della famosa mausefalle.

Quando inizia il sentiero mi sembra di essere in una calle veneziana a carnevale. Qualcuno taglia per il bordo prato, per guadagnare posizioni e aria. ErmaTOR, tu quoque.

Partono dei fischi. Ora la salita è solo colonna. Inutile spingere. Tra un po' si allarga e quindi ognuno avrà le briglie più sciolte. Aspetto quel momento senza forzare. Arrivato mi porto sul mio ritmo, tenendo d'occhio ErmaTOR. Lo riconosco perché ha una raccolta di pindolinitrail sullo zaino.

Mi passa uno e mi saluta. Chi sei? L'amico di? Ah...Buona corsa. Come ha fatto a riconoscermi al buio non so. Arrivare su ai 1700 della prima salita non è difficile, il bello viene sul traverso. Qui la gente corre e ti mangia. Anni fa mi sfracellai il ginocchio. Sento di essere nella pancia del gruppo e che il mio movimento di gambe è buono.

La discesa sentierosa è colonna assai vivace. All'improvviso su un tornante a sx davanti frenano. Anche io, o meglio freno con sx e faccio perno. Giù con spalla dx lungo sul prato a monte. Mi chiedono se mi sono fatto male. No nulla. Volo angelico spettacolare ma insignificante. Sul tratto piano che porta ad Ospitaletto approfitto per mangiare qualcosa. Energie sembra di averne. Al ristoro bevuta e riempimento thè. Parto con ErmaTOR sapendo cosa ci aspetta. La salita al passo si compone di tre parti: rasoiata, limata e strappo.

Il primo tratto non dà tregue né in pendenza né in lunghezza. Ed ErmaTOR mi sfila lentamente. Il secondo è un respiro dei polmoni e dei muscoli. Il terzo è arrivo non arrivo. Su questo tratto ci accompagna un vento freddo [#1]. Discesa al fulmicotone. Sorpasso il tappo e giù.

Sasso in punta sx e giù di ginocchio e mano [#2]. Dolore pungente. Non capisco se è cosa seria. Calda la rotula. Russe russe e riprent. L'assetto si ricompone. Il check mentale nella notte ti accompagna per diversi minuti. Capire al buio ciò che ti sei fatto. Non vedi sangue. Bene. Ginocchio si piega. Ok. Polso normale. Ok. Altro vedremo col sole, se c'è. Gambe girano. Lasciamo la ghiaia per infilarci in un sentiero tra i mughi.

Diversi non l'han visto. Sono stati richiamati e stanno rinnestandosi da sx. So cosa vuol dire sbagliare strada. Arrivo al ristoro. Orologio. Ho 30' su un anno fa. Sorrido. Prendo un pugno di uvetta. Sa di pudiese. Conati. Sputo. Prendo qualche pezzo di banana.  Thè. Riempio e via. ErmaTOR: vedi che non c'era da temere il porton?

Riparto prima di lui. A Federvecchia si arriva scollinando prima su un tratto in cui da capo fila sbaglio l'approccio su un costone. A volte bevo thè. Troppo poco [#3]. Il tratto asfaltico è sempre più illuminato. Albeggia oramai. Chiudo la frontale e mi appresto alla terza salita che mi condurrà a Misurina. Non la amo. Lo so. Mi è indigesta. Rampe su sentiero prima di imboccare irta strada asfaltata. Qui a volte chiudo gli occhi. Un paio di passi a occhi chiusi per riposare. Subisco sorpassi. Cerco di stare al passo. In salita vado alla deriva. Giriamo su una ghiaiosa. Ai tornanti mi giro a vedere gli altri che al tornante dopo regolarmente mi prendono. Sento un po' le cosce dure e prendo una tachi1000. Mi impasto il palato [#4]. Un po' di scoramento.

Sento l'odore del legno bruciato. È il falò del SoccorsoAlpino sul bivio per la discesa al lago.

la discesa è farlocca. Infatti ben presto presenta gobbe di cammello e son passati gli anni in cui di slancio li valicavo. Ora li cammino. Qualcuno si ferma a far foto. Lo spettacolo ad occidente al sorgere del sole merita la notte insonne. Bosco e curve, chi ti sorpassa è un fantasma che vedi alle spalle ed è già via. Fantasmi fuori e dentro.

Appena si piomba sulla carrareccia è già ristoro. Affollato. Prendo un brodo e trovo un buco all'angolo per sedermi. Time: un po' prima di un anno fa. Non tanto. Aspetto di far la guardia al materiale di uno sloveno e appena ritorna riparto. Esco e cerco un WC. Giro e non trovo. Rientro e chiedo: non ci sono bagni. No WC??!!

Vedo ErmaTOR seduto. Bianchiccio. Mi dice che è montezumato. Ha fibra ferrea. Difficile che molli. Riesco e riparto. Circumnavigazione lago. Occhio dx sempre a monte, occhio sx alla strada.

Dx vede accenno di sentiero tra i pini, sx vede che dietro c'è il vuoto. Mi infilo. Mi appiatto dietro un pino. Osservo il passare dal mio WC naturale. Sollievo. Mi sollevo. Riprendo. Ora il pezzo che più detesto: la salita all'Auronzo. Prima il lago superiore, poi il prato, poi scalinata e su si apre la vista sul rifugio. Alto, lontano, sul lato opposto. Scendi per poi attaccare un tremendo zigzag che ti porta ben sopra. Il tutto per bypassare la strada che a questa ora è assai trafficata. Zigzag da sbuffo, da respiro stanco, da passi brevi, da sorpassi subiti. Qui la stanchezza ti porta il conto. Non te lo fa scoprire, ancora. Prima del rifugio una coppia di sposi stranieri fa le foto di rito. Lei cerca di muovere i veli perché non c'è un filo di vento. Non sono italici. Al rifugio hai solo acqua, un tempo la colazione. Mentre bevo osservo chi ancora deve fare la fatica. Sul susseguente pianoro i turisti ti accompagnano. Ti guardano ma non capiscono. Non sanno che sei da ieri sera. Non sanno perché puzzi.

Non sanno che non sei neppure a metà. Non sanno che il primo sta arrivando. Prendo un gel. Lo assaggio. Mirtillo? Mi impasta [#5]. Verso mezzo a terra. Alzo gli occhi e loro sono lì, maestose. Sembrano pronte a cadere e polverizzarti. Sono più belle qui che dopo la rampa che ti porta alla forcella. Ora si scende. Imballato. Corricchio. Pian piano mi sballo. La discesa al Landro è lunga e segmentata: larga ripida prima del Locatelli, poi sentierica scalinosamente tecnica, poi larga amaramente dolce assassina. Interminabile. Verso la fine della tecnica trovo uno che zampetta fasciato la caviglia. Hai bisogno? Già chiamato. Più giù ritrovo la jeep dei suoi soccorsi (immagino). Ha più bisogno di lui. Inclinata. Solo una ruota in pista. Il pilota fuori la guarda e aspetta anche lui soccorsi. Bisogno? Mi guarda. Arrivano.(penso tra me)Chi l'elicottero??? Continuo a strappi, corricchio e cammino. Caldo. Provo a bere. La gola riceve poco. Ai ristori ho sempre caricato thè. Un po' nauseabondo.

Finita la discesa devo puntare a Cimabanche. la conosco come le mie tasche. Sono tardi, ma non molto. Affianco uno. Scambio parole. Conosce l'altro Senatore. Mi dice che è davanti. Che è uno tosto che non molla. Lo so. Molto bene. Arrivo alla basevita. Entro in tendone a prendermi la sacca e solo due pezzi di banana [#6]. Mi siedo sul prato. Chiedo l'acqua al mio teamsupporto. Ricevo inaspettatamente anche un paninetto. Mi rigenera. Cambio muta. Tutto leggero. Il sole c'è e picchia. Me la prendo assai con calma. Riparto con un vantaggio di oltre 40' sul porton.

Ora ho il pezzo di malga Ra Stua. Sempre stato a me consono. Intasco al volo altri due paninetti e via. Il sole picchia. Si picchia. Ho il berretto. Lui picchia lo stesso. Bevo. Ma non riesco a farlo fluidamente.

Ben presto la salita si alza. Più del solito. Passo sempre più corto. Si alza. Non era mai così per me. Il sole picchia. Ho sete. Bevo a sorsi. Prendo diversi sorpassi. Non reagisco. Bevo. Cerco di bere. Provo a mangiare una barretta. Mi impasto. Bevo. Sputo. La gola si stringe. Ad ogni sputo sento grattare la gola. Non ho voglia di bere. Lento. Lentamente scollino. Solo. Scendo. Piano. Provo altri morsi alla barretta. Difficile mandar giù. Sento le grida della malga. Arrivo. Nel tendone chiedo brodo con pasta. Non hanno posate. Mi siedo a terra. Bevo il brodo. Butto via la pasta. Prendo una tartina al pomodoro. Prendo uno dei miei paninetti. È pane al cumino! conato. Butto via il pane e mangio il prosciutto. Vedo l'ora. Devo ripartire!! Perso tutto. Parto. Ora sono in ombra. Sempre coi soliti attorno. Da km è un tira e molla con le stesse facce. Prima dell'imbocco di Travenanzes ho il ritrovo col team. La testa vorrebbe mollare [#8]. Prendo un momentliquido. Cambio bastoncini. Via ancora. Si stanno innestando quelli della 80. Ho più compagnia. Un accenno di ripresa fisica e morale. Loro son più freschi. Uno: il tuo camel è assai vecchio. Certo ha fatto un po' di LUT. Io l'ho venduto e ho preso il modello nuovo, più funzionale, dovresti provarlo.

(penso) Sarà funzionale ma tu sei assai indietro frut! Han rifatto il ponte sull'abisso. Lo noto. Dopo La rampa si vira a dx, si guada sotto gli occhi del SA e inizi la vera Valle. Dopo un tratto nel bosco dove cerco di recuperare forze con morsi ad una barretta, si esce allo scoperto. So che non mi sono alimentato. La cosa entra nel cervello [#9].

La parete a sx con le sue infinite bocche che gocciolano ti apre visioni infernali. Frescure che ti investono. Solo a tratti. Il sole c'è sempre.

Alzi gli occhi e vedi gli altri più avanti. Non riesco ad accorciare. Il sentiero è ben sistemato rispetto ad altre volte. Nessun pericolo. Ogni tanto mi giro e non trovo nessuno. Abbandono le pareti piangenti e inizio il gran ghiaione. Arrivano alle spalle. Sono sia lutiani che dolomitici. Chi ha forza qui va. Io, lento. Quest'anno non si tri/ri/passa il torrente. Si sta sempre a dx. Solo all'ultimo attacco prima della casetta si incontra acqua ai piedi. Una figura mi sorpassa. Anziano (?!). Barbuto. Alto. Un po' curvo. Mani dietro la schiena. Una locomotiva. Sembra creato da Poe. Ammirazione. Casetta. Mi siedo. Guardo l’abbeveratoio. Si staglia la figura di ErmaTOR dopo un po’. Sotu vif? Sigur! Jo soi muart! Si come un an fa! Non mi crede. Dai chi ripartin. Spiete! Un apio di donne straniere chiedono qualcosa da mangiare. Gentili i volontari danno un paio di panini. Dai chi lin! Iniziamo il pezzo che ci porta in forcella. Siamo lenti. Io davanti. Lui dietro. No la fai pi. No ti crot. No rivi a mangjà! Sfuarsiti. Avere una spalla nei momenti di crisi è basilare. ErmaTOR è sempre stato un pilastro. Conosciuto per caso. Incontrato sempre lungo il percorso per caso. Appuntamento fisso ma casuale. Scolliniamo. Lui ha la fissa di tagliare i tornanti. Io lo obbligo a seguire sentiero prima e poi strada. La discesa mi fa allungare su di lui. Un centinaio di metri. Non deglutisco. Tunnel. Non c’è più neppure il fotografo. Rinuncio a cercare di alimentarmi. Arriva il dente. Tossisco. Ma solo evacuo, solo giallo. Solo acido? Mi raggiunge. Non tengo il suo passo. Sputo. Conati. Gola un inferno se bevo. Sembra carne viva. Lui è sul tornante sopra. Si ferma. Mi guarda. Con la mano gli faccio cenno: Vai! Si gira. Vedo la sua schiena. Mi trascino su fino ai ruderi. Comincio a scendere. Non forzo. Ora so che sono morto. Semplicemente morto. Non posso passare un’altra notte in queste condizioni. Arrivo giù. Basta. Il corpo lo dice. La mente la dice. Avrei 20’ per ripartire da Col Gallina. La mia LUT finisce qui. Dopo 15 anni e 98 km.

 

Onore all’unico vero senatore rimasto!

 

DIECI imprevisti …problemi…errori…imprecisioni…sottovalutazioni…cazzate...colpe. Avrei potuto fare meglio, di più. Sicuramente. Mi sono spento come una candela. Per mancanza di ossigeno. Per un colpo di vento. Spento.

 

Dopo un paio di tornanti vomito finalmente. Pure l’anima. Mi libero. Troppo tardi.

 

In 15+1 anni la lista dei grazie è lunghissima. Le loro motivazioni sono profonde. Per MOLTI. Di sicuro senza queste persone non avrei fatto neppure qualche km. Cosa mi rimane? Queste persone ed io.